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Modelli dell’ansia in terapia cognitiva

SPIEGAZIONE DELL’ANSIA IN TERAPIA COGNITIVA

E’ naturale che non può esserci un unico punto di vista per studiare una classe di disturbi così vasta come quella dei disturbi d’ansia. Questa dispensa osserva il fenomeno principalmente in chiave cognitiva; infatti è questo orientamento che molto più rispetto ad altri è in grado di fornire rigorose prove sperimentali da quanto propone nella sua teoria e prove di efficacia di trattamento sui disturbi, capaci di dimostrare chiaramente come sia questo il trattamento psicoterapico elettivo rispetto a tutti gli altri.

A questo punto è fondamentale spiegare cosa s’intenda con -sistema cognitivo-; in senso lato possiamo dire che con tale definizione intendiamo insieme sia i meccanismi che sottendono alla elaborazione dei pensieri, sia l’insieme dei contenuti dei pensieri stessi. In parole più semplici: cosa stiamo pensando e in che modo stiamo “funzionando” per pensare.

Il punto di partenza teorico secondo l’approccio cognitivo ai disturbi emozionali è che alla base di tali disturbi c’è una particolare interpretazione personale dei singoli eventi della vita, capace a livello di pensiero di favorire e avviare verso la manifestazione del disagio. I comportamenti che scaturiscono da tale posizione di pensiero contribuiscono, poi, al mantenimento del problema emozionale stesso.

L’approccio cognitivo di Albert Ellis (1962) si fonda sul principio che – i pensieri irrazionali – (pensieri e convinzioni personali dotati magari da una propria logica interna, ma senza prove riscontrabili nella realtà esterna e dalla realtà dei fatti) siano la fonte del disturbo emozionale e delle sue conseguenze comportamentali-. Assolutizzazioni e Catastrofizzazioni sono le categorie principali di pensiero sotto cui rientrano quei pensieri “che fanno star male”. Le assolutizzazioni sono degli imperativi rispetto ai nostri comportamenti, le nostre prestazioni, il nostro modo di essere percepiti dagli altri. <<Io devo assolutamente…, è assolutamente necessario che… è importantissimo che…, non posso non… >> Le catastrofizzazioni sono invece delle interpretazioni estreme di catastrofe e irrisolubilità rispetto a eventi di vita che potrebbero accadere <<Sarebbe assolutamente terribile se… non ce la potrei proprio fare se… non potrei resistere se… non potrei accettare che… ecc. >>. Sono spesso premesse come queste che appesantiscono enormemente il nostro carico emozionale. Immaginiamo solo ad esempio quali già potrebbero essere “gli umori” di un signor Rossi che si prepara ad un colloquio di lavoro pensando:<<devo assolutamente fare bella figura… quell’incarico deve a tutti i costi essere assegnato a me… sarebbe terribile se così non fosse… impossibile sopportare un ennesimo rifiuto… ciò significherebbe che sono una persona inadeguata e che non sarò mai in grado di trovare un lavoro…>>. E’ molto probabile trovare tra i lettori molti che penserebbero più o meno in questo modo.

Cosa pensate succederebbe a livello di stati d’animo nel signor Rossi se accadesse che, per un qualsivoglia motivo, non fosse assunto? Come pensate vi sentireste voi se foste già partiti pensando che <<…assolutamente quel lavoro doveva essere vostro e che, se se così non fosse stato, vi sarebbe stato impossibile superare il rifiuto!>>?

Ma veramente una persona deve essere considerata perfettamente competente per essere considerata meritevole? Una persona deve essere stimata e amata dalla totalità degli individui nella società in cui vive? Purtroppo credenze come queste vengono rinforzate dalla società stessa diventando stabilmente insieme di credenze personali che contribuiscono fortemente ad orientare i nostri pensieri, stati d’animo, i nostri comportamenti.

La teoria cognitiva di Beck (1967, 1976) afferma che ansia e depressione si accompagnano a vere e proprie distorsioni del pensiero. Un processo disfunzionale di questo tipo si manifesta come un flusso di pensieri automatici negativi nell’esperienza cosciente del paziente. Rispondere alle situazioni di vita riflettendo le proprie convinzioni (è assolutamente necessario…, non può non…, devo…) diventa spesso un cliché, una specie di lente attraverso cui tutto o quasi tutto della realtà viene filtrato prima di passare alla coscienza. La realtà stessa a questo punto è una realtà già passata attraverso una chiave di lettura. I difetti di elaborazione dell’informazione nei disturbi emozionali si evidenziano nelle credenze, nelle distorsioni cognitive e nei pensieri automatici negativi del paziente.

Articolo a cura del Dott. Pierpaolo Casto * Contatti per Consulenza Specialistica: Via Magenta, 64 CASARANO (Lecce) Tel. 328 9197451 * 0833 501735

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