Trattamento e cura degli attacchi di panico
Vivere l’ansia significa convivere con la sensazione di morte imminente, la sofferenza, la paura di impazzire e ciò richiede una maggiore comprensione ed empatia.
Le prime misure di emergenza nel primo attacco di panico sono: una visita medica generale, gli esami del sangue ed è consigliato anche un elettrocardiogramma (ECG) per fare la diagnosi differenziale con alcune malattie somatiche che hanno sintomi simili agli attacchi di panico.
Sentirsi malato è invalidante e l’esperienza soggettiva è indescrivibile, quindi è meglio sentirsi dire che ci sono altri soggetti malati, che soffrono di attacchi di panico, che nessuno è morto per questo e che esistono le soluzioni.
Durante gli attacchi di panico il soggetto non ha un buon contatto con il mondo circostante, per cui può succedere che non si ascolti ciò che si dice o non si capisca il messaggio trasmesso.
Quando l’attacco di panico si svigorisce, allora è meglio spiegare alla gente che è quella la causa delle sensazioni corporee; ciò servirà ad affrontare il soggetto che ne soffre con simpatia e a tendergli la mano.
Il trattamento farmacologico della sindrome di panico
C’è un antidepressivo triciclo la clomipramina (Anafranil) e alcune preparazioni SSRI che svolgono un’azione efficace contro gli attacchi di panico.
SSRI descrive il meccanismo di azione di questi farmaci, che impediscono l’assorbimento di serotonina dalle cellule nervose che inviano segnali nervosi provocando un aumento della quantità di serotonina nello spazio sinaptico.
Gli antidepressivi di tipo SSRI sono: sertralina (Zoloft), citalopram (Cipramil), paroxetina (Seroxat), fluoxetina (Fontex, Prozac) e preparazioni di tipo SNRI (inibitori della ricaptazione della serotonina e della neuroepinefrina) come ad esempio venlaflaxine (Efexor depot) che sono ben tollerati e hanno effetti collaterali lievi.
Può succedere che l’ansia peggiori all’inizio del trattamento con comparsa di palpitazioni, disturbi del sonno o attacchi di panico; la dose iniziale sarà inferiore per essere aumentata in seguito.
Il trattamento richiede un periodo di almeno 4-6 settimane prima di fare effetto.
I farmaci ansiolitici e sedativi comprendono: benzodiazepina, triazolam, lorazepam (Temesta), alprazolam (Xanor), oxazepam (Oxascand o Sobril) diazapam (Stesolid), nitrazepam, flunitrazepam. Altri antidolorifici sono: hydroxyzine (Atarax) o buspirone (Buspar).
L’uso delle benzodiazepine si riferisce ad un periodo limitato di alcune settimane per evitare il rischio di sviluppare dipendenza.
Le benzodiazepine sono note per il periodo di dimezzamento; il triazolam ha il più breve tempo di dimezzamento mentre oxazepam, lorazepam, nitrazepam, flunitrazepam, alprazolam non hanno metaboliti attivi, vale a dire i prodotti medicinali derivanti dalla decomposizione del metabolismo. Diazapamul ha una lunga emivita e 3-4 metaboliti attivi, essendo attivi per un periodo di 3-4 giorni. L’assenza di metaboliti è un vantaggio per il trattamento nei soggetti anziani perché protegge il fegato ed evita effetti collaterali come la pressione sanguigna bassa con la conseguente perdita di equilibrio e rischio di cadere, visione offuscata, vertigini, mancanza di concentrazione e disorientamento.
La tolleranza e la dipendenza dalle benzodiazepine
Quando il farmaco viene utilizzato a dosi elevate per un lungo periodo di tempo non ha più alcun effetto.
Questo dà luogo alla cosiddetta dipendenza da benzodiazepine a basso dosaggio (o dose normale), che è contraddistinta da una tolleranza insignificante, ma dalla comparsa di sintomi di astinenza quando si cerca di ridurre la dose del trattamento.
I beta-bloccanti come il propranololo ha effetti principalmente sui sintomi somatici della sindrome di panico e dev’essere consigliato a seconda dei sintomi.
Trattamento della sindrome di panico con psicoterapia
La psicoterapia implica la comprensione, da parte del malato, dei sintomi degli attacchi di panico; la comprensione e l’accettazione che le percezioni corporee e i sintomi dell’attacco di panico non sono parte di una malattia somatica, ma sono dovuti all’ansia.
Il soggetto interpreta le sensazioni corporee come il segno di malattie gravi come l’infarto, il cancro ecc..
Pertanto, è necessario che il soggetto venga aiutato a capire ed accettare che questi sono i sintomi dell’ ansia in modo da impedire l’agorafobia (cioè la paura di avere nuovi attacchi di panico).
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è un metodo di psicoterapia con l’effetto meglio documentato nel trattamento della sindrome da panico.
I principi di questa terapia sono gli stessi del trattamento della depressione, considerando che vanno cambiati i pensieri e il modo in cui vengono interpretati i segnali e le sensazioni corporee.
Se la sindrome di panico è accompagnata da agorafobia il soggetto viene esposto a stimoli,situazioni reali o immaginarie; questo è il processo di desensibilizzazione che aiuta a ridurre i sintomi dell’ansia. Esponendo il soggetto a situazioni che producono ansia aiuta a sopportare per più tempo la situazione fino a quando l’ansia si calma.
Attraverso le tecniche di psicoterapia cognitiva volte a modificare pensieri e interpretazione dei sintomi si giunge alla conferma che l’attacco di panico non porta alla morte e che l’ansia si può ridurre attraverso questi esercizi.
L’agorafobia è legata alla sindrome da panico.
I soggetti con agorafobia sono in grado di controllare la paura se accompagnati da un’altra persona in spazi affollati, davanti ad un animale o un oggetto.
Per esempio si consiglia di camminare in una strada affollata accompagnati da un animale domestico (ad esempio un cane), con un giornale, un cappello o un bastone.
Articolo a cura del Dott. Pierpaolo Casto
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